Omesso versamento ritenute: non rilevanti le difficoltà economiche
a cura di paolo
La Cassazione conferma il dolo e la condanna alla detenzione per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali. Non rilevano le motivazioni di crisi dell'impresa
La Corte di Cassazione nella sentenza 44861 2022 ha confermato la legittimità della condanna a due mesi e venti giorni di reclusione sancita dalla Corte territoriale per il legale rappresentante di una spa, per omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti tra il dicembre 2013 e il novembre 2015 per un importo di circa 135.000 euro.
La cassazione precisa infatti che il datore di lavoro ha l'obbligo di accantonare per tempo le somme da versare all'Erario e all'INPS perche il debito d'imposta non può essere evaso neppure in favore dell'erogazione degli stipendi.
Il ricorrente aveva evidenziato in sua difesa le difficoltà economiche dell'azienda presenti al momento del mancato adempimento, testimoniate anche dal ritardato versamenti delle retribuzioni ai dipendenti.
La suprema Corte riafferma anche il principio per cui per il reato di omesso versamento delle ritenute fiscali e contributive è sufficente la configurazione di dolo generico e non il fine di evasione fiscale.
Inoltre, ricorda la Cassazione, il dolo generico può essere escluso solo in considerazione del modesto importo delle somme non versate o della discontinuità ed episodicità delle inadempienze (cfr. Cass. sez. 3 n.3663 del 8/1/2014), evenienza che non ricorre nel caso di specie.
Il dolo deve ritenersi perciò integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, che si verifica anche se il datore di lavoro, in presenza di una
situazione di difficoltà economica, decide di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo
svolgimento dell'attività di impresa, e di posticipare il versamento delle ritenute.
Onere del datore di lavoro infatti è quello di " ripartire le risorse esistenti all'atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l'impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare".
La cassazione respinge dunque il ricorso in quanto "manca ogni presupposto per invocare l'impossibilità di adempiere l'obbligazione dovendo, la punibilità della condotta, perche' la punibilità risiede proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all'Istituto (in nome e per conto del quale tali somme sono state trattenute)".